Sono di ritorno dalla mia prima missione di monitoraggio per il distretto di Bagamoyo. Una
settimana di tante prime volte. Una settimana di incontri, di strette di mano,
di saluti che piano piano comincio ad imparare, di occhi che ti guardano e ti sorridono,
di colori accesi, di veli sovrapposti uno sull’altro a coprire i
corpi delle donne, di risate, di preghiere che senti venire la sera dalle moschee
Sono partita con una mia collega di Bagea e la facilitratice
del CVM che segue i gruppi femminili di microcredito, i gruppi di vedove, i
grupppi sulla violenza contro le donne e quelli dei progetti di
sensibilizzazione in materia di educazione e diritto allo studio per le
ragazze. Il monitoraggio era fatto per verificare l’andamento sopratttutto di
questi ultimi. A compleatare il gruppo l’autista del CVM. Un omone che sa l’inglese
ma non lo parla perchè la sua missione è insegnare lo swahili a tutti i
volontari che arrivano. E che prende le strade tanzaniane come se fossero
autostrade europee dimenticandosi che qui c’è il piccolo particolare dello
sterrato, delle buche e delle infinite deviazioni.
3 giorni tra un susseguirsi di villaggi dai nomi esotici..Viguasa,
Pera, Pingo, Diozile, Ubena, Bwilingu, Msoga (che è la città di origine del
presidente Kikwete), Mboga, Lugoba.. Ovunque storie e incontri, straordinari
nella loro ordinarietà. Storie di povertà, di fatica, di diritti negati o non
ancora consapevoli. Storie di piccola violenza e di piccoli successi, e di
sorprese come quando le donne di uno dei gruppi di microcredito ci raccontano
che da alcuni mesi fanno volontariato in ospedale e aiutano i bambini in
difficoltà della scuola del villaggio. E non ne avevano fatto la minima
pubblicità. È difficile capire, colgo una parola in un discorso intero. Ma è
bello anche cosi. Anche solo aspettare sotto un albero l’arrivo dei gruppi,
anche solo guardare le persone negli occhi, strigere loro la mano..soprattutto
quelle delle anziane, mani nodose, con le unghie cortissime e spesso tinte di
giallo per la terra e il lavoro nei campi..e sorrisi acquosi e dolcissimi..anche
quando ogni tanto gli occhi si velano di lacrime..
Giorni di prime volte....la prima volta in Guest House,
sorta di piccoli affitta camere che qui trovi praticamente in ogni villaggio. La
prima colazione alla tanzaniana, con un tazzone di thè alla cannella e muhogo,
(la kasawa o patata dolce) tagliata a pezzi e fritta nell’olio che ti fa
sentire sazio fino a sera. E il the allo zenzero fortissimo alla sera. E la
frequentazione dei baretti-baracchini-locande sulla strada cosi simili a quelle
del Madagascar, dove puoi trovare riso con carne e fagioli, servito in piatti
di latta che hanno tanti scomparti diversi per le diverse componenti del
pranzo, e pesce fritto, e le immancabili chipsy – patatine fritte, che qui
trovi ovunque e che ti vengono spesso portate “da asporto” dentro sacchietti di
plastica nera..e ugali, la polenta bianca, e banane in tutte le salse, bollite,
grigliate, servite con insalata di pomodori, in zuppa con la carne, con i
fagioli .. tutto su tavolacci di legno che colano olio da tutto le parti e
mosche che fanno festa. E le cameriere che ti portano una brocca d’acqua per
lavarti le mani perchè poi si mangia con quelle, appallottolando il riso o l’ugali
e pocciandolo dentro le salse. E masai che sbucano da tutti gli angoli, vestiti
con i tradizionali teli, i bastoni, i lobi delle orecchie forati che ci puoi
fare passare dentro tre dita per i pesanti orecchini che portano, e sgommano
via in moto..si sono modernizzati pure loro..
E la prima proposta di matrimonio, ricevuta proprio da un
masai mentre eravamo in un baretto per il pranzo. È stato l’autista a dirmelo. Io
ho ringraziato declinando gentilmente l’offerta, dicendo che non sarei stata una
brava moglie visto che non cucino per niente. Quando l’autista ha tradotto ha suscitato
l’ilarità generale.
E i paesaggi..spazi immensi, brulli, alberi che sanno di Africa
finalmente, proprio quelli che vedevo nei documentari da bambina quando sognavo
di visitarla quest’Africa cosi lontana..e case di fango e case di cemento con i
porticati, e greggi di capre e palme, e poi di nuovo terra brulla, baobab e
nuvole..
Devo ancora trovare una definizione soddisfaciente di
inculturazione. Per me è anche questo.
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