Bagamoyo, 23 novembre 2013
Oggi non parlo di lavoro. Non parlo di progetti, di storie
tristi e situazioni difficili. Oggi parlo della meraviglia che ti lasciano gli incontri
che non ti aspetti, gli incontri casuali, apparentemente banali, che puoi fare
ogni giorno, in ogni giorno a caso, ma che in fondo in fondo sono quelli che
riempiono la vita (forse dovrei dire la “mia vita” per non generalizzare)
dandoci specificità e valore.
Qui sono le 21 e 50 di sabato sera, e mentre in Italia la
gente si prepara per uscire (voi siete due ore indietro) io sono appena tornata
a casa dopo una bellissima serata passata da due ragazze coreane che mi hanno cucinato
una superba cena di prelibatezze coreane. Le ragazze le ho conosciute per caso
una domenica mattina tornando a casa dopo la messa alla missione cattolica. Sulla
strada del ritorno mi si è affiancata una delle due, che io avevo già visto,
con molta meraviglia, in chiesa. Non so perchè ma gli occhi a mandorla e la
religione cattolica nella mia testa non si associavano molto. Mi ha salutato
mescolando inglese e swahili, e si è messa a seguirmi e chiacchierare. Faceva caldo
e io, immersa nei miei pensieri non avevo molta voglia di chiacchierare, ma lei
non se ne è accorta o non ci ha badato. E cosi abbiamo cominciato a parlare del
più e del meno. “Cosa fai qui?”, “sono qui con un programma di volontariato
dell’Unione Europea”, “anch’io sono una volontaria!..”. Poi mi ha chiesto da
dove venissi. “Italia”. “ e io?” mi ha chiesto lei . Ho tentato, rispondendo un
po’ con banalità, con un “Giappone?”. “no”. “Cina?”. No. “Corea?”. “si si!!sono
coreana”. Poco dopo ci siamo salutate dicendoci “dai dai ci sentiamo in
settimana!”. Io ero sempre un po’ titubante e vogliosa di tornare alle mie
faccende, come spesso mi capita quando ho l’impressione che una persona voglia violare
il mio spazio, il mio mondo, e chieda di entrare con la sua storia..non ci ho
più pensato.
Qualche giorno dopo mi ha chiamato lei e mi ha proposto di
andare a cena in un ristorantino qui di Bagamoyo, con anche un’altra sua amica
koreana. Ho accettato pensando fra me e me “chissà cosa ci diremo per tutta la
sera?!”. E invece..è stata una serata bellissima. Semplice, tranquilla, passata
a raccontarci pezzetti delle nostre vite ai due capi del mondo e che adesso si
incontrano qui in Africa, il tutto davanti a succulenti piatti tanzaniani. Anche
le due ragazze sono volontarie, come me. sono qui con un programma di volontariato
del governo koreano, proprio come me in Madagascar un anno fa. Una volta arrivate qui, visto che pronunciare i
loro nomi era troppo difficile, la gente ha dato loro nomi tanzaniani, Neema e
Rehema. Rehema ha 27 anni, in Korea è insegnante elementare, ed è venuta qui
per insegnare biologia in una scuola primaria locale. In teoria il programma
preveda che lei insegnasse in inglese, ma visto che i bambini non lo sanno, lei
sta imparando lo swahili per poter spiegare in lingua locale. Neema ha 23 anni,
in Korea studia matematica e qui collabora con il comitato di sviluppo locale
di un villaggio vicino a Bagamoyo. Anche lei dal primo giorno è davvero sul
campo. È stato bello potersi confrontare sulla nostra esperienza qui, su quello
che ci ha spinto a partire, sulle difficoltà, sulla solitudine che spesso proviamo,
ma anche sull’entusiasmo che continua ad animarci tutte e tre. È stato strano e
bellissimo scoprire che pur venendo da continenti diversi, da storie, percorsi
e possibilità totamente diverse (per loro questa è la prima volta che escono
fuori dalla Corea ed erano sorpresissime di sapere che adesso se io voglio
viaggiare in Francia o in Germania non mi serve neanche il passaporto..) ci
ritroviamo più simili di quanto avrei mai potuto pensare.
Verso la fine della serata mi sono ritrovata a pensare che
era la prima volta in vita mia che incontravo e passavo del tempo con delle
ragazze dalla Korea. Ho pensato che io della Korea non so praticamente nulla. Voglio
dire, a parte la collocazione geografica (più o meno) e i ricordi storici della
guerra di Korea, cosa so della sua gente, dei suoi giovani, di quello che fanno
i miei coetani koreani oggi? ( Confesso che forse un po’ sono influenzata dalle
riflessioni di Terzani scritte in “Asia” che sto leggendo in questi giorni..) Questa
è stata la prima, fortunosa, occasione per parlare con loro, confrontarci, guardarci
negli occhi, con sensibilità.
Come sempre, le mie titubanze e la mia ritrosia nell’aprirmi
sono state scacciate via in un attimo, e la voglia di rimettersi in gioco, di
conoscere un po’ di più di questo mondo, prende il sopravvento. A fine serata,
quando è stato il momento di pagare, le due ragazze hanno voluto offire per me.
Un gesto inaspettato, non richiesto, che mi ha toccato. E poi, quando hanno
saputo che non avevo mai assaggiato nessun piatto koreano, mi hanno invitato a
casa loro per una cena koreana doc a base di gamberi. Hanno comprato i gamber
al mercato del pesce, cucinato per me, fatto entrare e accomodare in casa loro,
come si fa con un amico.
Mentre tornavo a casa in pikipiki guardavo questo
meraviglioso cielo notturno stellato e mi è venuto da sorridere pensando che
sono dovuta venire in Tanzania per conoscere queste due ragazze asiatiche che
nel messaggio di buonanotte mi hanno chiamato “amica”. Ho pensato alla
ricchezza che mi stanno regalando questi mesi. Mesi che oltre a farmi scoprire
ogni giorno pezzi di un mondo africano su cui ho sempre fantasticato, mi fanno
scoprire pezzi di mondo a cui forse non ho mai dato tanta importanza, pezzi di
mondo che non conoscevo per nulla e che pensavo non avessero nulla da dirmi. E che
invece parlano, parlano tantissimo, se hai voglia di ascoltare e guardare, attraverso
gesti, gamberi fritti, una canzone in cui io e Neema ci siamo ritrovate a
cantare insieme, un “buona notte” dettoci in swahili.
Ciao Vale...c'è un link al tuo blog anche sul blog del Cmd... se lo vuoi guardare missioremix.blogspot.com ... un abbraccio denis
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