La partenza sta acquistando contorni più definiti,
il visto sul passaporto, l’orario e il numero del volo. Nella mia testa invece
continua a mancare di forma e consistenza precisa. Tanta incoscienza e
confusione.
Ma in questa partenza io non ci ho mai creduto
tanto come adesso. Credo davvero nel
mettersi in gioco. Credo davvero alla
scelta della non violenza, che non è solo l’alternativa ad un servizio militare
che non esiste più, ma che per me rappresenta il “no” o almeno “l’aspetta!” ad
altre forme di violenza, percorsi e scelte date per obbligate o scontate ma
nelle quali non mi sentivo a mio agio. Credo all’importanza dell’incontro con
gli altri, diversi da me per vissuti, aspirazioni, ideali, valori. Gli altri mi
hanno cambiato e trasformato, ma mi hanno anche aiutato a capire e rafforzare
le mie stesse aspirazioni, ideali, valori. E questo continua ad accadere.
Forse la realtà giù mi smentirà. So che ci saranno
fatiche non da poco, già intraviste in questi mesi, fatiche di tempi non più
miei, di spazi non più miei. I corsi di formazione ci hanno steso, é salita la
paura di non essere preparati, di non essere all’altezza, di non avere capito
niente di quello che ci aspetta.
Eppure in tutto quello che ho detto sopra cotinuo
a crederci. Mi sembra di essere più giovane di quanto non mi sia mai sentita,
più idealista di quanto non sia mai stata. E non è una brutta sensazione. Accetto
finalmente di non sapere già tutto, di non avere tutte le risposte, di non
sapere cosa sarò e cosa crederò domani. E accetto di poter solo provare a
costruire me stessa e quelle risposte che tanto ho cercato giorno per giorno,
anche fuori dagli schemi. Come mine vaganti, per citare un’espressione cara
alla mia amica Tjasa. Come mine vaganti ci muoviamo cercando risposte e cammini
nei quali ritrovarci, ci tocchiamo a vicenda, ci influenziamo tra noi e ci facciamo
influenzare dalla vita. Abbiamo un potere enorme, e un’enorme responsabilità.
Io ci credo.
Ho fatto già tante partenze “in solitaria”, viaggi
anche bellissimi ma nei quali mi sono ritrovata a soffrire il non poterli
condividere, il non poterne parlare davvero, il non poterli vivere insieme.
Chi parte non è migliore o peggiore di chi resta,
e l’ho capito solo dopo tante partenze e ritorni. Ognuno sceglie
semplicemente la modalità del proprio
vivere e cerca di portarla avanti.
L’unico vero rischio è che le vite continuino a scorrere parallele,
senza incontrarsi, senza punti di contatto.
La scelta del blog, che farà sorridere tante delle
persone che mi conoscono, è un po’ uno stentato e donchichottiano tentativo di
reazione a questo, per provare a restare
in contatto, provare a crescere insieme, e perchè no, provare a informarci ed
educarci anche fuori dai canali tradizionali sfruttando i nostri sensi e la
nostra curiosità.
Spero non
sia solo un desiderio mio, ancora prima spero non resti solo un
desiderio.