sabato 29 gennaio 2022

Di viaggi – narrati e vissuti - attraverso i 4 e piú regni della Thailandia

Avete mai letto un libro e sognato di poter ripercorrere dal vero la mappa dei luoghi e degli incontri, ritrovare le emozioni, gli odori, le persone narrate, magari come se foste davvero insieme ai protagonisti? A me è capitato spesso.

E per una volta, sono riuscita a farlo davvero. Il libro in questione è “Quattro regni” di Kukrit Pramoj. Un libro che raccomando spassionatamente agli amanti dei romanzi storici, ma anche piú in generale della storia, agli appassionati o curiosi della Thailandia e dell’Asia, delle saghe familiari alla Marquez, e di come la Grande Storia entra nella storia individuale di persone e famiglie. Un libro che mi è stato suggerito tante volte e da tante persone diverse. Ma i libri si fanno leggere quando è il loro momento. E credo che questo fosse il suo. Qualche mese fa, ho trovato una bellissima copia del libro nel mio negozio dell’usato preferito vicino a casa qui a Bangkok, e l’ho comprata al volo. L’ho letto aprendo la prima pagina con un tocco di superba diffidenza, come succede (almeno a me) con libri che sono rimasti in sospeso per lungo tempo, per ritrovarmi poi ritrovata catturata dalla storia narrata. Ho letto il libro mentre andavo a fondo nella scoperta di  Bangkok, proprio come si scopre una città - ma anche una persona-, poco a poco, pagina per pagina, senza fretta, aggiungendo dettagli e ricomponendo i pezzi del puzzle. La scoperta dal vero della città si è fusa a quella attraverso il libro. Ho letto questo libro come si legge una guida turistica quando sei già sul posto, cercando conferme, dettagli, ma anche come si legge un romanzo, e come si leggono degli Annali Storici. Tutto insieme.

Ho scoperto e riscoperto Bangkok attraverso gli occhi di Phloi, anti-eroina per eccellenza, rappresentante un modello di donna che è l’opposto del mio, un modello che per certi versi è proprio tutto quello contro cui combatto, ma che forse proprio per questo mi ha aiutato ad andare oltre al mio sguardo, alla mia prospettiva. Soprattutto se volevo, come desideravo, avvicinarmi e scoprire davvero un mondo e una città che sono all’opposto di tutto quello da cui provengo. Necessità di uscire da me, e di farmi guidare proprio dalla persona che meglio incarnava lo sguardo, i sentimenti, il sentire di una giovane donna nella Bangkok della prima metà del XX secolo. Un’antieroina che sembra insipida, debole, cosi all’antica e retro’, soprattutto se paragonata a tanti altri personaggi del libro, molto piú vividi, attivi, accattivanti, ma forse proprio per questo, capace di dare spazio e lasciare emergere la città e tutto il mondo intorno a lei, invece che dominarlo. La Bangkok che ho scoperto è un intricato e profondo mondo di aneddoti, di particolari, di riti culturali, culinari, vestiari, religiosi, di fatti storici che non conoscevo. Una relazione con l'Europa complessa, cosi come quella con la regalità. Sono i dettagli a rendere unica ogni esperienza, ogni persona, ogni città. Ho pianto e ho riso. Non volevo lasciare il libro, come non si vuole abbandonare la propria città, come non si puó abbandonare qualcosa che è diventata la tua quotidianità.

E’ buffo, vivere la stessa città a circa 100 anni di differenza. Gli anni sono passati, la storia è avanzata, ma tanti luoghi di allora esistono ancora, anche se con funzioni diverse. Vedere i posti di cui Phloi parlava non mi bastava piu. Volevo provare davvero a “ripercorrere i suoi passi”, vivere qualche giorno della sua vita. C’è un passaggio nel libro – uno tra i tanti – in cui si racconta di quando Phloi insieme all’amica del cuore accompagna il sovrano e tutta la corte da Bangkok al vicino villaggio di Bang Pa-in, sede della residenza estiva regale. Il Summer Palace fu davvero costruito sul modello delle residenze reali europee, data la grandissima ammirazione che il sovrano aveva sviluppato per l’Europa, soprattutto dopo i tanti mesi passati li. Questo viaggio, per quanto “piccolo” è un episodio marcante nella vita di Phloi e uno di quelli che mi è rimasto piú impresso. Lo stupore, l’emozione, l’eccitazione, l’incanto provato da Phloi mi sono entrati nel cuore. E non solo a me.

Insieme ad un’amica che stava – anche lei - leggendo il libro, abbiamo deciso di ripercorrere il viaggio di Phloi. Un tragitto di poco conto, in un luogo che non dice nulla ai piu’, sopratutto se paragonato a tutti i luoghi da favola della Thailandia, ma che per noi aveva un grande significato emotivo.

Abbiamo preso il treno dalla stazione di Hua Lamphong. La stessa da cui era partita Phloi, la stessa che è stata bombardata durante la seconda guerra mondiale. Ancora in funzione, anche se per poco. Dovrebbe essere convertita in museo tra pochi mesi. Abbiamo preso un biglietto Bangkok-Ayutthaya per 20 bath, neanche 1 euro, per 2 ore di viaggio attraverso la campagna. Le uniche due europee, insieme a una variegata umanità di studenti in viaggio per le vacanze di fine anno, pendolari, famiglie. 2 ore di passaggio ininterrotto di venditori di tutti i tipi di cibo, da strani spaghetti colorati dolci, spiedini di carne, sticky rice, succhi di frutta e milkshake ghiacciati. Un viaggio lento, che permette di assaporare non solo il cibo ma anche il paesaggio.

Avevamo deciso di aggiungere un fuori programma rispetto all’itinerario di Phloi, siamo arrivate fino a Ayutthaya (di cui ho parlato in un post precedente) dove abbiamo passato la sera e la notte, regalandoci un tour serale in bicicletta tra i templi illuminati nella notte buia e silenziosa. Poesia pura.


La mattina dopo eravamo di nuovo in stazione, per raggiungere (o meglio tornare indietro) a Bang Pa-In. Il tragitto Ayutthaya - Ban Pa-in, 20 minuti di viaggio, lo si fa per 2 bath. Con un tuk tuk abbiamo raggiunto l’ingresso del Summer Palace. Un strano sentimento di riverenza e confusione. Come quando entri a casa di qualcuno e il padrone di casa non è (pi
ú) li. Entrare in un posto che avevamo lasciato (nel libro) cosí pieno di vita, e trovarlo vuoto. Perfetto ma senza vita. Come quando arrivi in ritardo ad una festa, finita, con gli ospiti già partiti, i piatti lavati, tutto rimesso in ordine. Un po’ come nel regno della Bella Addormentata. Tutto si è fermato. Ma si sa, o si sente, che nulla è morto, solo in attesa che la principessa si svegli, che il re ritorni. E che la vita riprenda. Abbiamo camminato attraverso il meraviglioso giardino perfettamente rasato, con siepi tagliate in forma di animali fantastici; attraverso i diversi padiglioni, i ponti, le statue neoclassiche, le fontane. Un grande senso di spaesamento nel ritrovare arrchitetture europee cosí familiari ma in un contesto in cui non te le aspetti assolutamente. Edifici di impronta asburgica, inglese, dell’epoca di Caterina di Russia e Pietro il Grande accanto a un mirabolante tempio cinese rosso fuoco, stupe thailandesi e un faro che sembra trasportato dalla costa inglese. Credo di avere capito cosa deve avere provato Alice nel suo paese delle meraviglie. Naturalmente, c’è ampio spazio per gli aneddoti: il piccolo cottage sul lago, dove – secondo fonti attendibili – il sovrano amava cucinare personalmente per i soldati.  Come ci ha detto la nostra guida “era un cuoco sopraffino”. Quando gli abbiamo chiesto “ a detta di chi?”, ci ha risposto sicuro “oh, testimonianze scritte dei sudditi lo riportano!”. Vorrei vedere che si sarebbe permesso di dire il contrario..  (Se cercate su google, trovate anche qualche foto!)

Finito il tour tra le residenze, abbiamo attraversato il fiume e ci siamo ritrovate nel quartiere dei monaci e dei templi, fatto costruire proprio perche il sovrano voleva che i riti potessere essere celebrati sul posto, senza dover rientrare a Bangkok o Ayutthaya. Le casette ordinate dei monaci, con i panni arancioni stesi ad asciugare lungo il fiume, è uno dei momenti di maggiore pace provati durante il viaggio. Mentre il tempio buddista costruito sul modello di una chiesetta francese – con all’interno un Buddha al posto del Crocifisso- confesso che è stato abbastanza “disturbante”. Di nuovo questo senso di spaesamento e confusione che viene dall’incontro e fusione di culture cosí distanti e diverse.  

Siamo rientrati ad Ayuttahya in barca, une delle tradizionali barche in legno lunghe e strette. Come aveva fatto Phloi. Cullata dal ritmico movimento dell’acqua mi sono lasciata trasportare da pensieri, come immersa tra il passato conosciuto attraverso un libro, e il presente vissuto di persona. Fusione di storie e emozioni grazie alla magia della condivisione. Pensavo ai sentimenti di Phloi, al suo stupore, alla sua meraviglia. Li paragonavo ai miei. Cosí diversi e cosí simili.

Poche persone sulla riva, case in legno, terrazze sull’acqua, reti, barche. Lo stesso ambiente a 100 anni di differenza. Tutto apparentemente uguale, e tutto continuamente diverso, nei dettagli, nell’evolvere delle singole vite, nella diversità delle prospettive. Ancora una volta, mi sono sentita meravigliosamente parte di un Tutto piú grande di me. Ho sentito l’incanto della vita che scorre in ognuno di noi, la meraviglia di concepire la nostra esistenza mai solo come individuale, ma come connessa con le storie che ci hanno preceduto e che seguiranno.

Ogni viaggio nel passato è sempre anche un viaggio alla scoperta del presente e di preparazione al futuro.