La magia ha sempre avuto una parte importantissima nella mia vita. Un
privilegio che considero enorme. Sono cresciuta immersa nella magia, sotto forma
di fiabe della buona notte (e di tanti altri momenti della giornata), racconti,
favole.. assimilate sotto ogni possibile forma. Lette, raccontate, inventate
apposta per me da parenti piú o
meno fantasiosi e tutti con un proprio tratto narrativo, e in particolare da
una nonna a cui devo come eredità la verve creativa. Ascoltate sul giradischi
di una prozia all’ora del the pomeridiano, o in auto in audiocassetta mentre
andavo alla lezione di nuoto. E infine inventate e scritte da me stessa quando
sono diventata un po’ piú
grande. Racconti gioiosi e tristissimi, racconti che restano in sospeso, con una
morale o no, ma dove c’era sempre fortissima la presenza della magia. Magia
come creazione, incanto, come qualcosa che porta la vita un po’oltre la comprensione
logica, qualcosa che ti sorpassa.
Eppure, nello stesso tempo, è come se mi/ci fosse stato insegnato che dalla
magia ci si debba sempre un po’ guardare. Che la magia appunto vada bene (solo)
per i bambini. Un vezzo da relegare all’infanzia, ad uno spazio a parte
rispetto alla vita “vera”, adulta. Come se crescendo bisognasse mettere da
parte lo stupore, e il diventare adulti comportasse naturalmente il lasciare andare
quella parte piú
irrazionale, magica, “straordinaria” della vita e di noi stessi.
Il mio ultimo viaggio in Tailandia mi ha ricordato, di nuovo, come la magia
possa e sia parte naturale e fondamentale del nostro quotidiano, della nostra
vita – non importa quanti sforzi facciamo per dimenticarlo. E di quanto questo
renda la nostra vita molto piu piena, ricca, viva.
A Cheow Lan Lake, ho visto, ho sentito quella magia sulla mia pelle. Mentre
attraversavo il lago a bordo della nostra barchetta, era come ascoltare,
ritrovarmi di nuovo in una delle mia favole da bambina, ma esserci davvero
dentro. Era come se la magia uscisse dai libri di favole e prendesse forma nella
realtà, rendendo
animato, vivo lo spazio nel quale mi trovavo. Facendo quello che fa la magia. Dando
un tocco, una sfumatura, una sensazione che qualcosa di piccolo ma
meravigliosamente potente stia colorando la tua vita. Che mille sumature,
scintille arricchiscano il tuo presente.
Il lago di Cheow Lan è una piccola “perla” nel parco nazionale di Khao
Sok, una spazio incantato fatto di foreste, montagne color smeraldo, una flora
e una fauna incredibile, fiumi, rocce, grotte. In realtà si tratta di un lago
artificiale, nato in seguito alla costruzione della diga di Ratchaprapa Dam nel
1982. E’ la diga che ha permesso la nascita di questo spazio unico, in cui l’acqua
ha sommerso una parte della foresta circostante, lasciando emergere dall’acqua
color smeraldo le rocce calcaree ricoperte di vegetazione per centinaia di
metri. Come cavalieri solitari che sembrano brandire le loro spade e scudi
contro nemici immaginari, pronti a difendere principesse o castelli altrettanto
immaginari.
Avevo visto le foto del lago e me ne ero innamorata. Ma non mi aspettavo l’effetto
dell’essere fisicamente li. Quando la
barca ha preso il largo e ci siamo ritrovati in mezzo al lago, è come se mondo
intorno si sia trasformato, ammutolito. I rumori, le voci degli altri
viaggiatori messi a tacere, o ovattati, distanti. Ero li, e non ero piu lí, come trasportata in un altro luogo,
fuori dal tempo e dallo spazio. Una sorta di Lago di Morgana del ciclo di
arturiana memoria. Piu volte mi sono ritrovata a pensare che non mi avrebbe
stupito vedere emergere dall’acqua la spada Excalibur, o lo stesso Merlino,
Morgana, o qualche cavaliere perdutosi durante la sua personale ricerca del
Grahal. Puo fare sorridere tutto questo, immagino. Pazienza. Io custodisco come
un dono prezioso la bellezza di un luogo incantato, davanti a cui ritrovarsi,
come in un incantesimo, a restare in silenzio, ad abbassare la voce, a guardare
quello che hai intorno, sentire il mistero, potente, sfuggente, ma mai feroce o
pericoloso. Solo, piú
grande di te.
Mentre proseguivamo nella nostra traversata, ai nostri lati, il rapido e
maestoso susseguirsi delle montagne dalle pareti ora ricoperte di vegetazione,
ora ripide ed erose dal vento, dagli anni, dalla pioggia e dal sole. Grotte che
si aprivano sull’acqua evocanti il mistero di avventure magiche – almeno alla
mia fervidissima immaginazione. Elefanti che comparivano tra le fronde degli
alberi sui pendii delle montagne intorno al lago, pesci volanti dalle squame
brillanti, uccelli dai colori vividissimi, il vociare dei compagni di viaggio
sostituito da versi e suoni della natura, l’immensità del cielo, l’imponenza delle rocce, lo scintillio
del sole sull’acqua alternati da momenti di livido cupore quando le nuvole lo
coprivano, in lontananza una sottile nebbiolina provocata dall’umidità. Un brivido nel sentire la pressione
delle onde sulla nostra barchetta, quando si avvicinava troppo alle rocce.
Cosa si nasconde in quelle grotte? Cosa si nasconde tra quegli alberi? Tra quelle
ombre odorose? Una di quelle grotte l’ho davvero visitata. Umidità, pipistrelli,
ragni, stalattiti. Ma oltre a quello, e piú importante, la sensazione che il vero mistero
nascosto, la vera risposta alla domanda “chissa cosa si nasconde li dentro!?”,
non sia qualcosa da trovare, a cui dare una risposta certa. Ma proprio il lasciare
la domanda aperta. “Accontentarsi” di una percezione, un’emozione a cui non sapiamo
dare un nome. Non è cosi che ci lasciano un po’ le fiabe?
Tornando a casa, quel giorno, in silenzio e goffa nel rimettere i piedi sulla terra ferma, mi sono portata dentro lo sguardo beffardo misterioso e ammaliante di quella natura.
Ho trovato ancora piu divertente pensare che per una volta, proprio il lavoro dell’uomo, la sua voglia/bisogno di sottomettere la natura ai suoi fini, abbia permesso proprio alla magia di trovare spazio. Dando vita a un luogo da incantesimo. Un luovo dove tutto è possibile, dove la mente puó creare, immaginare, oltre a quello che vediamo. Dove ci puó essere spazio per gnomi e folletti e principesse e rospi che diventano principi. Declinati in qualunque forma a seconda della cultura che li partorisce. Ció che conta è la possibilità lasciata all’immaginazione di prendere forma.Ovviamente, vorrei che molti potessero vedere e godere di questo posto
incantato allo stesso modo di come ho fatto io. Ma non c’è bisogno di venire a
Cheow Lan Lake per trovare la magia. La magia credo nasca ogni volta in cui ci
permettiano di ricordarci che la vita non è solo lavoro e obbligi e routine e
orari da rispettare, ma che c’è sempre qualcosa che ci sfugge, qualcosa che puo
farci vedere e immaginare quello che non c’è. A 30 anni, come a 10, 40, 60. Abbiamo
sempre questa possibilità. Lasciamole la porta aperta.