Ormai è ufficiale. Si riparte. Il 4 settembre ho il volo per
la Tanzania. Uno SVE - servizio volontario europeo – di 8 mesi a Bagamoyo, sulla
costa est a 75 km a nord di Dar es Salaam, per un progetto sulla promozione dei
diritti delle donne.
Sono rientrata dal Madagascar a fine gennaio. Tante idee, il
mio modo di pensare e di sentire cambiati. Pur desiderando ripartire ho capito
di avere bisogno di fermarmi, di metabolizzare quello che avevo vissuto, e
forse proprio di farlo a casa, nei luoghi di sempre, nei luoghi dove è più
difficile continuare a essere quella che ero giù. Restare a casa è stato
difficile, forse alcuni di voi l’hanno provato sulla pelle, altri hanno visto la
mia fatica. La fatica di adattarsi a un modo di vivere e lavorare che non
sentivo più mio, ma che alla fine è anche parte di me. E’ servito per riflettere,
per pensare a una nuova partenza con più consapevolezza.
Ho fatto richiesta per questo SVE
con un’ong marchigiana, il CVM. Tante le ragioni. Tornare in Africa e
conoscerne un altro pezzettino. E poi il progetto, orientato al sostegno e allo
sviluppo dell’educazione delle adolescenti e delle donne, nel quadro della
promozione dei diritti delle donne e delle fasce più vulnerabili ed esposte a
HIV/AIDS. Dopo l’esperienza in Madagascar sui progetti di alfabetizzazione dei
minori lavoratori, ho cominciato a rendermi conto dell’importanza dell’educazione
anche delle fasce più adulte, adolescenti, ragazzi bisognosi di formazione
professionale e di aiuto per entrare nel mondo del lavoro; per evitare che gli
sforzi fatti con i bambini finiscano nel vuoto, e per offrire condizioni più
stabili a futuri uomini e donne, futuri padri e madri di famiglie, fattore
imprescindibile per garantire giustizia a loro e ai loro figli.
Il Madagascar ha stravolto e
rovesciato tante mie aspettative e certezze. Sono partita pensando di cambiare
il mondo. In realtà mi sono resa conto che la prima a cambiare sarei stata io.
Che potevo scordarmi i miei schemi perfetti, che nessuno mi stava aspettando,
che io forse non avrei fatto la differenza. Che per prima cosa dovevo restare
in silenzio, osservare, ascoltare, imparare a seguire i tempi e i modi delle
persone che avevo accanto. All’inizio la frustrazione è stata grande, ma piano
piano mi sono accorta che facendomi piccola potevo cominiciare a costruire relazioni
più alla pari con le persone che avevo intorno, entrare un po’ nelle loro vite,
nel loro modo di ragionare, pur restando tante le differenze. E cosi facendo ho scoperto il
valore dei piccoli passi avanti, dei piccoli successi, che a volte sono solo un
sorriso di complicità strappato a un collega, di ogni minuto speso facendo
qualcosa in cui credi e che per te acquista importanza anche se non entrerà
nella Grande storia..e che cosi potevo arrivare a trasmettere qualcosa, a
“insegnare” qualcosa, a lavorare davvero insieme alle persone accanto a me,
partendo dalla fiducia e dal rispetto reciproci.
Il Madagascar ha cominciato a
insegnarmi, con fatica, a lasciarmi andare alla vita. A rendermi conto che
tutti i miei piani, le mie aspettative meditate e ponderate potevano essere
stravolte in un attimo. E quanto è bello quando succede, e quanto sono
incredibili le sorprese che la vita può riservarti, se sai accoglierle. Anche
questi mesi in Italia me l’hanno mostrato. Mesi di fatica, di dubbio, di
incertezza, ma anche di sorprese bellissime, incontri inaspettati, che ti
cambiano e ti accrescono e ti plasmano ogni giorno. Che ti fanno mettere in
discussione progetti e obiettivi, che ti fanno arrivare a fare, dire, sentire
tutto quello che non avresti mai pensato. E mi hanno portato a questa nuova partenza,
quando forse non l’aspettavo più.
Lo spirito con cui l’affronto è
molto diverso dalla precedente. Molto più conscia delle difficoltà che
ci saranno, dei miei limiti fisici e mentali, di quanto a volte è facile e duro
sentirsi stranieri e soli lontano da casa. Molto più consapevole di quello che
lascio a casa, che metto in gioco. Ma anche con la convizione di quello che
vado a fare e soprattutto del perchè lo faccio, del perchè scelgo di
passare un altro periodo lontano da casa, lontano dalle persone care. Con la
consapevolezza del valore della condivisione di un pezzo di strada con altre
persone, per me e credo per loro, dello stare insieme, del mostrarsi vicini a
qualcuno. Con la consapevolezza che solo cercando di costruire una relazione di
fiducia con le persone accanto a me posso pensare di trasmettere qualcosa, sul
piano professionale e su quello umano, e posso pensare di lasciarmi trasmettere
qualcosa. Per poter tornare a casa e cercare di vivere nello stesso modo il mio
lavoro e la mia vita anche qui, dall’altra parte del mondo.
Oggi come più di un anno fa mi
auguro ancora che questa non sia solo una mia esperienza personale. Non è una
frase fatta, non è per paura. Spero e credo che con questo blog, con le mie
parole, ma anche con le parole di chi sta a casa, di chi legge e mi risponde, possiamo
crescere tutti, da una parte all’altra del mondo in cui ci troviamo.