venerdì 23 agosto 2013

Si riparte



Ormai è ufficiale. Si riparte. Il 4 settembre ho il volo per la Tanzania. Uno SVE - servizio volontario europeo – di 8 mesi a Bagamoyo, sulla costa est a 75 km a nord di Dar es Salaam, per un progetto sulla promozione dei diritti delle donne.

Sono rientrata dal Madagascar a fine gennaio. Tante idee, il mio modo di pensare e di sentire cambiati. Pur desiderando ripartire ho capito di avere bisogno di fermarmi, di metabolizzare quello che avevo vissuto, e forse proprio di farlo a casa, nei luoghi di sempre, nei luoghi dove è più difficile continuare a essere quella che ero giù. Restare a casa è stato difficile, forse alcuni di voi l’hanno provato sulla pelle, altri hanno visto la mia fatica. La fatica di adattarsi a un modo di vivere e lavorare che non sentivo più mio, ma che alla fine è anche parte di me. E’ servito per riflettere, per pensare a una nuova partenza con più consapevolezza.

Ho fatto richiesta per questo SVE con un’ong marchigiana, il CVM. Tante le ragioni. Tornare in Africa e conoscerne un altro pezzettino. E poi il progetto, orientato al sostegno e allo sviluppo dell’educazione delle adolescenti e delle donne, nel quadro della promozione dei diritti delle donne e delle fasce più vulnerabili ed esposte a HIV/AIDS. Dopo l’esperienza in Madagascar sui progetti di alfabetizzazione dei minori lavoratori, ho cominciato a rendermi conto dell’importanza dell’educazione anche delle fasce più adulte, adolescenti, ragazzi bisognosi di formazione professionale e di aiuto per entrare nel mondo del lavoro; per evitare che gli sforzi fatti con i bambini finiscano nel vuoto, e per offrire condizioni più stabili a futuri uomini e donne, futuri padri e madri di famiglie, fattore imprescindibile per garantire giustizia a loro e ai loro figli.

Il Madagascar ha stravolto e rovesciato tante mie aspettative e certezze. Sono partita pensando di cambiare il mondo. In realtà mi sono resa conto che la prima a cambiare sarei stata io. Che potevo scordarmi i miei schemi perfetti, che nessuno mi stava aspettando, che io forse non avrei fatto la differenza. Che per prima cosa dovevo restare in silenzio, osservare, ascoltare, imparare a seguire i tempi e i modi delle persone che avevo accanto. All’inizio la frustrazione è stata grande, ma piano piano mi sono accorta che facendomi piccola potevo cominiciare a costruire relazioni più alla pari con le persone che avevo intorno, entrare un po’ nelle loro vite, nel loro modo di ragionare, pur restando tante le differenze. E cosi facendo ho scoperto il valore dei piccoli passi avanti, dei piccoli successi, che a volte sono solo un sorriso di complicità strappato a un collega, di ogni minuto speso facendo qualcosa in cui credi e che per te acquista importanza anche se non entrerà nella Grande storia..e che cosi potevo arrivare a trasmettere qualcosa, a “insegnare” qualcosa, a lavorare davvero insieme alle persone accanto a me, partendo dalla fiducia e dal rispetto reciproci. 

Il Madagascar ha cominciato a insegnarmi, con fatica, a lasciarmi andare alla vita. A rendermi conto che tutti i miei piani, le mie aspettative meditate e ponderate potevano essere stravolte in un attimo. E quanto è bello quando succede, e quanto sono incredibili le sorprese che la vita può riservarti, se sai accoglierle. Anche questi mesi in Italia me l’hanno mostrato. Mesi di fatica, di dubbio, di incertezza, ma anche di sorprese bellissime, incontri inaspettati, che ti cambiano e ti accrescono e ti plasmano ogni giorno. Che ti fanno mettere in discussione progetti e obiettivi, che ti fanno arrivare a fare, dire, sentire tutto quello che non avresti mai pensato. E mi hanno portato a questa nuova partenza, quando forse non l’aspettavo più.

Lo spirito con cui l’affronto è molto diverso dalla precedente. Molto più conscia delle difficoltà che ci saranno, dei miei limiti fisici e mentali, di quanto a volte è facile e duro sentirsi stranieri e soli lontano da casa. Molto più consapevole di quello che lascio a casa, che metto in gioco. Ma anche con la convizione di quello che vado a fare e soprattutto del perchè lo faccio, del perchè scelgo di passare un altro periodo lontano da casa, lontano dalle persone care. Con la consapevolezza del valore della condivisione di un pezzo di strada con altre persone, per me e credo per loro, dello stare insieme, del mostrarsi vicini a qualcuno. Con la consapevolezza che solo cercando di costruire una relazione di fiducia con le persone accanto a me posso pensare di trasmettere qualcosa, sul piano professionale e su quello umano, e posso pensare di lasciarmi trasmettere qualcosa. Per poter tornare a casa e cercare di vivere nello stesso modo il mio lavoro e la mia vita anche qui, dall’altra parte del mondo.

Oggi come più di un anno fa mi auguro ancora che questa non sia solo una mia esperienza personale. Non è una frase fatta, non è per paura. Spero e credo che con questo blog, con le mie parole, ma anche con le parole di chi sta a casa, di chi legge e mi risponde, possiamo crescere tutti, da una parte all’altra del mondo in cui ci troviamo.