sabato 23 giugno 2012

Per una volta buone notizie

Maggio 2012

Vengo da una settimana passata in giro per Tana alla scoperta e all'incontro con i centri scolastici che aiutiamo, lati più o meno belli. Vengo da una settimana in cui anche dall’Italia è stato tutto un susseguirsi di brutte notizie, il terremoto a casa, bombe, crisi.
Allora oggi voglio parlare di una bella notizia, di una bella storia. È un centro che aiutiamo da poco e che ha cominciato ad accogliere e dare un’istruzione ai bambini circa due anni fa, nella periferia di Tana, in quella che sembra già campagna profonda e dimenticata. Il tutto è nato da un’associazione che esiste da circa una quindicina d’anni di allevatori e contadini, che si sono messi insieme per darsi una mano con le formazioni, la produzione e la vendita dei prodotti.
Qualche anno fa una coppia di membri dell’associazione già anziani, ha deciso di usare un po’ dei soldi risparmiati per offrire un pasto settimanale, un bagno (e un taglio di unghie e capelli visto il problema dei pidocchi) ai bimbi in situazione difficile dalla zona: figli di prostitute o di prigionieri o semplicemente di genitori che restano fuori casa in cerca di lavoro o di qualcosa da mangiare fino a sera, bimbi che passavano le loro giornate in strada.
La signora si è accorta che il sabato, giorno della distribuzione del pasto previsto per le 11h 30, i bambini arrivavano sempre prima, non sapendo dove altro stare. Ha pensato allora di impiegare il tempo in modo più produttivo, e nell’attesa insegnare loro a contare e a scrivere i numeri, servendosi di canzoncine e filastrocche. La cosa è continuata e si è sviluppata. La coppia ha pensato di trasformare questo impegno saltuario in qualcosa di un po’ più organizzato, mettendo in piedi due sezioni della scuola materna, utilizzando i locali dell’associazione agricola, e cioè le vecchie stalle e pollai. Un anno fa è stata ottenuta anche l’autorizzazione per l’insegnamento elementare. Oggi il centro accoglie circa 520 bambini, dà loro un’istruzione di base e li prepara agli esami “ufficiali”, per la reinserzione nella scuola pubblica. Non vengono chieste tasse di iscrizione. Si fa economia su tutto, anche perchè di aiuti ce ne sono pochi e i bisogni (di cibo, medicine, bollette dell’acqua, libri e quaderni..) sarebbero tanti: un aiuto importante viene dai membri dell’associazione che si autotassano o danno una mano per produrre quello di cui c’è bisogno: banchi, grembiuli.. Gli insegnanti stessi sono i figli dei membri dell’associazione. E questo ha permesso paradossalmente di evitare l’interruzione dei corsi che c’è stata in quasi tutte le scuole pubbliche del Madagascar in seguito agli scioperi degli insegnanti.
Quando sono venuta in visita per il controllo, mentre le mie colleghe erano alle prese con magazzini, controllo dei viveri rimasti e distribuiti, coerenza dei calcoli etc etc, io sono stata “catturata” dalla responsabile del centro che mi ha raccontato tutta la storia della scuola, trascinandomi a vedere ogni angolo e raccontandomi (forse con più dovizia di particolari del necessario) delle difficoltà quotidiane, della solitudine in cui sono lasciati da parte delle istituzioni pubbliche, ma sempre con tanto orgoglio per quello che si è riusciti a fare.
Ho visto i banchi o le sedie in costruzione, della cui semplicità la responsabilie si è scusata (anche più del dovuto vista la situazione media dei centri che ho visitato). Ho visto l’ingegnoso meccanismo per il risparmio dell’acqua messo in piedi: al posto dei rubinetti sono state inserite tre bottiglie con l’acqua (che viene presa dai bimbi dal pozzo) e una con il sapone: i bimbi possono lavarsi le mani ma imparano a fare attenzione al consumo. Ho visto le pareti delle vecchie stalle dipinte con immagini dei cartoni animati dai membri dell’associazione. Sono entrata in tutte le classi (a volte si tratta di un unico stanzone diviso da tende)interrompendo le lezioni  e “costringendo” tutte le volte i bimbi ad alzarsi, fare i saluti di rito e ripetermi tutto quello che hanno imparato durante la giornata, comprese le famose filastrocche sui numeri,  tutto rigorosamente in francese – lingua in cui vengono tenute le lezioni, come ci ha tenuto a dirmi la responsabile, per evitare complessi di inferiorità ai bambini e dare loro un insegnamento di livello il più simile possibile a quello statale, per  quando e se riusciranno ad entrare nel sistema pubblico-.    Ero ben consapevole che molte delle cose che mi venivano dette e mostrate erano fatte apposta per colpire la mia sensibilità come quella di qualunque visitatore e catturare possibili finanziamenti, ma confesso che sono riuscite lo stesso a farmi sorridere e commuovermi.
La scuola resta isolata e la stessa responsabile mi dice che non sa quale sarà il destino di questi bambini se, anche superati gli esami, nessuno potrà più pagare le tasse scolastiche per loro. Ho provato imbarazzo quando mi sono sentita ringraziare per il nostro-mio lavoro, per quello che facciamo, per l’aiuto che diamo, mentre mi sembra di non fare e non poter fare praticamente nulla. Mi sembrava bello poter almeno raccontare quello che ho visto.