Venerdi mattina a Bagamoyo. Una giornata cosi bella
che non riesco a stare ferma, a non sorridere, a non muovermi. Dopo la burrasca
di ieri, che sembrava davvero fare pensare all’inizio della stagione delle
pioggie, con pioggia torrenziale e vento e acqua mescolata a polvere e sabbia,
e fango nel quale ti impantani, e cieli sempre più neri e nuvole che non si
svuotano ma si gonfiano sempre di più, è tornato a splendere il sole. Il tempo
qui è come la sua gente, capace di farti incavolare, amareggiare, piangere, e
dopo un attimo regalarti le soprese e i sorrisi più grandi. Oggi c’è un cielo blu cobalto meraviglioso, l’aria
fresca e il sole caldo, caldo caldo come solo il sole africano. Niente afa,
niente umidità. Oggi si riesce a camminare spediti, non piegati da un calore
soffocante che stende. Oggi i pensieri corrono veloci. Mentre venivo in ufficio,
con la musica nel lettore, pensavo al mio essere in Tanzania, al mio esserci
davvero. Forse l’ho realizzato davvero solo oggi. Quello strano e inspiegabile
sentirsi un po’ a casa e un po’ sapere che questa non sarà mai davvero casa tua
ma che alla fine va bene cosi.
E ci
penso adesso, seduta sui copertoni delle macchine che qui fanno da “poltroncine
da esterni”, davanti a casa di Mama Salumu, di fronte al mio ufficio, mentre
aspetto le colleghe. Ci penso mentre seduta in mezzo a loro, guardo i bambini
che piangono, ridono e leggono il mio libro di swahili. È un libro della
seconda classe della scuola primaria, e abbiamo riso sul fatto che io sono più
avanti di loro, che sono ancora in prima. Ci penso mentre, ancora una volta,
cammino per queste strade assolate e
polverose, a cui i miei piedi si sono ormai abituati. Ci penso mentre guardo i
vecchi, seduti sui bordi esterni delle case, che mi guardano con le loro cofie ricamate
in testa, le lunghe tuniche bianche e gli sguardi profondi, già pronti per
andare in moschea. E le donne con le
ceste di foglie esiccate sulla testa e i kitenge allacciati in vita: prima di
andare in moschea, loro, devono finire tutti i lavori di casa. Giornata di
venerdi, tutto uguale agli altri giorni e tutto ancora più sonnolento e placido
nella già sonnolenta Bagamoyo. La bottega all’angolo che serve da mangiare
tutte le mattine, è chiusa, come tutti i venerdi. E cosi tanti altri piccoli
negozietti. Le Mame che fanno i dolcetti della colazione oggi non lavorano: non
c’è promessa di soldi che tenga. È venerdi. Anche le colleghe credo che
respirino quest’aria: sono quasi le 9 e non si vede nessuno. Continuo a
perdermi nella mia Bagamoyo. I ragazzi tornano a gruppi dalla spiaggia, dopo
una notte di pesca in mare, per quello il venerdi non conta. Sanno di pesce, di
alghe, di mare, i vestiti rovinati e i sorrisi larghi sulle bocche. Puoi sentirli
arrivare annusando l’aria ancora prima che voltino nella via. Ora Neema è arrivata,
si apre l’ufficio, mi siedo al mio tavolo.
Pregusto quello che verrà: il canto
del muezzin che fra qualche ora comincerà a chiamare alla preghiera del
venerdi, il rincorrersi dei canti delle diverse mosche della città, e l’affrettarsi
della gente alla preghiera, unico momento di frenesia della giornata, tutti divisi
a gruppetti, le donne chiacchierando di cosa cucinare alla sera, gli uomini che
si limitano a gesti di intesa e scosse del capo che corrispondono a precisi
significati, i giovani con passo veloce aggiustandosi in ritardo le cofie in
testa. Vedrò tutto questo dalla porticina dell’ufficio, una finestra su questo
mondo brulicante che so che continuerà imperterrito e fedele a se stesso anche
quando io non ci sarò più. I canti andranno avanti fino a sera. Accompagneranno
la mia lezione di swahili del pomeriggio entrando dalle finestre scalcinate
della scuola in cui prendo lezione. Accompagneranno il mio camminare verso
casa, sulla spiaggia se la marea non è troppo alta. Andranno avanti ancora più in là, a
illuminare un’altra notte tanzaniana insieme alle stelle di questi cieli nerissimi.
Un altro venerdi come tanti. Forse domani tornerà la pioggia, ma che importa?
Una lettura che rasserena l'animo e che apre il cuore...grazie per le tue parole che danno a questo venerdi uno squarcio di luce
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