Riprendo in mano la penna dopo anni in cui l’avevo messa da parte, per
scelta piu o meno autoimposta, per dare priorità al lavoro
« ufficiale », e forse in fondo in fondo per la convinzione che
questo blog, questo scrivere fosse una cosa di poco conto, che non servisse a
nessuno, che il suo esserci o non esserci non avrebbe fatto alcuna differenza,
per gli altri, per me. Non posso parlare per gli altri, ma personalmente mi
rendo conto che cosi ho finito per perdere una parte di me, di cui ho sentito e
sento oggi una mancanza infinita.
Torno a scrivere come atto di difesa, ma anche di « responsabilità »
verso me stessa. Impugno la penna come una sorta di arma personale, per citare
Cirano. Riportare alla luce il mio sentire, ribadire a me stessa prima di tutto
cio’ che sono, il mio modo di intendere e concepire la vita, la mia
« umanita ». E lo faccio proprio in un momento in cui sembra che questa
modalità, questo sentire non siano davvero possibili. Un periodo in cui il
viaggiare è stato limitato a motivi di sola necessità, il cui l’incontro con
altre persone, lo scambio, da occasione di arricchimento, di crescita, di vita,
è diventato o viene associato a fonte di pericolo, contagio. Non c’è polemica
nelle mie parole, viviamo una situazione difficile, ma il rischio è quello di
perderci. Mi ero persa, voglio ritrovarmi.
Vengo da due anni in cui ogni tipo di spostamento è stato particolarmente difficile, se non impossibile. Purtroppo, la riduzione dei viaggi « fisici » » si è portata dietro anche la riduzione di tutto cio’ che quel viaggio comportava. Ogni interazione è stata limitata al minimo, ridotta quasi solo alla dimensione virtule. Svanita l’attesa dell’incontro, la scoperta dell’altro, la ricchezza dello scambio che viene da una mano stretta, da uno sguardo condiviso, da un odore che entra nel naso.. Persa la relazione che costruisci piano piano con cio’ con cui entri in contatto, persona, oggetto, luogo, che entra nel tuo spazio vitale e finisce per cambiarti.
Questo vuoto mi
ha annichilito.
Ed è proprio perchè voglio salvare queste componenti della mia vita, voglio
ricordarmi a me, e magari a chi sta facendo la mia stessa fatica, che la vita è
anche e soprattutto questo, ho deciso di tornare a scrivere. Un atto di rivolta
contro un’abitudine che ci riduce all’inedia.
All’inizio non sarà facile. È vero, rispetto al passato, viaggio, viaggiamo tutti meno. Ed è vero che forse una delle molle che mi ha fatto decidere di tornare a scrivermi, , è che « fisicmente » sono ripartita. Una nuova destinazione, la Tailandia, l’Asia, un mondo incredibilmente sfaccettato che si nasconde e chiede attenzione infinita per farsi scoprire. Questo forse ha aiutato a scuotermi dal torpore in cui ero finita, motivandomi. Ma non credo basti solo tornare a prendere un aereo per definire la nostra attitudine. Credo che la ridotta mobilià fisica, le frontiere chiuse, o peggio la fatica infinita che si fa per viaggiare oggi, possano diventare una pericolosa scusa per chiudere anche il cuore. Credo che abbiamo tutti rischiato questo in questi ultimi mesi/ anni. Non voglio piú questo. Dovro’ riabituare la mano, come il cuore.
Il viaggio non è mai stato per me semplicemente aggiungere una bandierina
in piú su una mappa o un timbro sul passaporto. Il viaggo per me presupponeva e
presuppone l’apertura, l’incontro con le persone, con e nei loro luoghi,
cultura, colori, il cambiamento che quell’incontro suscita in me. Ho iniziato
questo blog anche su questa premessa. Viaggi magnifici possono iniziare e svilupparsi
semplicemente se decidiamo di tenere aperti occhi e cuore a quello che ci
circonda, pronti a farlo entrare nelle nostre vite. L’ « esotismo »
sta in tutto quello che non ci appartiene tradizionalmente, e che puo stupirci,
cambiarci, arricchirci. Ho visto e vedo ancora oggi (forse anche di piú)
tante persone viaggiare, e continuare a farlo restando impermeabili a tutto
quello che li circonda, dietro barriere di protezione che forse aiutano, ma
rendono la vita cosi piú povera.
Credo che la grande fatica di questi ultimi anni, almeno a titolo
personale, sia stato il lasciare che l’abitudine, il lavoro, e poi la pandemia,
mi facessero progressivamente chiudere gi occhi e il cuore alla meraviglia di
quello che continua a circondarmi, ogni giorno.
La mia risposta all’ incertezza e alla tristezza di questo momento
difficile è scegliere di tornare a aprirsi. Trasformare la difficoltà materiale
dei viaggi attuali, i controlli centuplicati, i test, le misure di separazione,
la diffidenza e la paura, non in un freno ma in una sorta di allerta che mi
ricordi quanto quel « viaggio » sia prezioso e di valore, qualcosa
mai scontato, qualcosa da guadagarsi perchè la ricompensa sarà grande. Qui a
Bangkok siamo attualmente in lockdown, chiusi nel confort dei nostri appartamenti
che possono diventare prigioni. Eppure il mio cuore è palpitante,
« allerta » e aperto alla vita, come mai nell’ultimo periodo, pronto
a ogni occasione di incontro e scoperta.
Per me e per chiunque
vorrà accompagnarmi, ancora.
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