venerdì 9 gennaio 2015

Di saluti, fotografie, piccoli passi e sogni. In partenza per l’Etiopia

Deve esserci una legge fisica che non conosco. Più passa il tempo meno sono brava con arrivederci che hanno il sapore delle lunghe separazioni, e allora scelgo di affidare i saluti allo scritto, per raggiungere tutti, chi ho salutato velocemente, con una mail, con un sorriso, con una lacrima, chi forse non conosco neppure.

Questa notte riparto. Dopo ben 8 mesi passati a casa, in Italia, questa volta la destinazione è l’Etiopia, Addis Ababa, per un anno, lavorando su programmi legati alla violenza contro le donne. sono stati 8 mesi sereni, per certi versi “comodi”. Un lavoro coinvolgente e vicino a casa, tempo libero per dedicarsi a passioni e interessi, la vicinanza fisica di amici e parenti, la possibilità di muoversi liberamente, andare al cinema, a teatro, a conferenze. La possibilità di scegliere. Quando e cosa mangiare, quando e come farsi una doccia, tiepida, calda, bollente, gelata (nel mio caso questa opzione non viene mai considerata), prendere un gelato senza rischiare un’intossicazione, prendere una cioccolata calda in un caffè letterario. 8 mesi forse un po’ egoistici.

E poi l’ennesima candidatura inviata, una candidatura dove va tutto storto, dove i problemi tecnici, la tempistica e pure un po’ di sana razionalità sembravano invitarmi a lasciar perdere. E qualcosa che invece spinge a non mollare, a “crederci”, a impegnarsi e a vedere come va a finire. E poi arriva un risultato che non ho mai osato sperare o confessare, un risultato che per me è l’avverarsi di un sogno e che per tanti può apparire lontano, troppo faticoso. Un risultato che vuol dire lasciare la comodità, tanti progetti iniziati, tante relazioni importanti. Ancora una volta, per che cosa? Per qualcosa che lavora dentro, una convinzione, non quella di poter o dover cambiare il mondo, ma quella dell’avere la responsabilità di fare la nostra parte, con i mezzi, le conoscenze, gli ideali che ci appartengono. Ricominciando, rimettendosi in gioco, con fatica. Una persona cara mi ha detto che noi giovani dobbiamo tornare ad avere grandi sogni, che sempre più spesso la nostra generazione si nasconde dietro la paura o la scusa di non essere all'altezza di quello a cui siamo chiamati. Io ho grandi sogni. E non si tratta di ambizione economica o presunzione, anzi a volte ho paura a dirlo, e lo faccio sottovoce, dubitando di me stessa. Ma è vero. Ho grandi sogni, e credo che come me ci siano tante persone che hanno grandi sogni e che cercano di darci corpo nella vita di tutti i giorni. Con impegno e convinzione. Ma non da soli. Affidandoci a chi incontriamo, affidandoci alla vita.

Ad accompagnare questo scritto non c’è nessuna foto. Le foto verranno con il tempo. Per ora se penso a quello che mi aspetta ho solo un punto interrogativo, uno spazio nero immenso, un groviglio di emozioni indefinite, immagini e foto che puoi trovare su Google e che celebrano le bellezze di questo paese che a me resta ancora sconosciuto. Le foto, le immagini che io ho in mente ora sono quelle delle persone che mi hanno accompagnato fino a qui, a casa, in Madagascar, in Tanzania, che mi hanno fatto arrivare a questa nuova partenza. Una partenza fatta di mille foto, di mille piccoli passi. Mille piccoli segnalibri, saponette e cd  infilati all'ultimo momento in valigia. Le foto acquistano per me un valore quando sono parte del mondo che mi circonda, quello nel quale vivo e soffro e sorrido. Quando in quelle foto riconosco nomi, rumori, odori, quando riconosco il sudore dei volti come mio, quando riconosco la terra sotto i piedi come quella che anche i miei piedi hanno calpestato, quando riconosco il cielo immortalato come quello a cui ho guardato io. Scatti di vita, il mondo assume valore e colore se vissuto. E questa partenza io la sto vivendo con intensità, con paura, con entusiasmo, con un senso di vertigine provocato dall'incertezza e allo stesso tempo con la voglia di scavare, ancora una volta, ancora un giorno, dentro quell'incertezza, il motore più bello delle nostre giornate. E cosi anche l’Etiopia, sconosciuta, lontana, assume colore e sfumature e significati, pronti a trasformarsi con il passare dei giorni, come il cambiare del tempo, la polvere che diventa fango, la pioggia che copre le strade, per poi lasciare posto a un nuovo sole.


Torno a scrivere. Dopo mesi in cui quello che vivevo, sentivo, osservavo potevo comunicarlo molto spesso a parole, in cui potevo stringere le mani, toccare le spalle, guardare negli occhi delle persone intorno a me, degli amici cari, della famiglia, questa nuova separazione mi porta a riprendere la “penna”, per ringraziare chi mi ha accompagnato fino a qui e chi mi accompagnerà da qui in avanti, per colmare quella distanza, per riempirla e avvicinare i due bordi, per fare dei miei occhi quelli di chi legge, per rendere i miei ideali più comprensibili e vicini a chi legge, non per convincere, ma per riconoscere forse nell'altro, oltre ai km di distanza e alle scelte diverse, uno stesso entusiasmo, uno stesso impegno, uno stesso sogno.

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