Deve esserci
una legge fisica che non conosco. Più passa il tempo meno sono brava con
arrivederci che hanno il sapore delle lunghe separazioni, e allora scelgo di
affidare i saluti allo scritto, per raggiungere tutti, chi ho salutato
velocemente, con una mail, con un sorriso, con una lacrima, chi forse non
conosco neppure.
Questa notte
riparto. Dopo ben 8 mesi passati a casa, in Italia, questa volta la
destinazione è l’Etiopia, Addis Ababa, per un anno, lavorando su programmi
legati alla violenza contro le donne. sono stati 8 mesi sereni, per certi versi
“comodi”. Un lavoro coinvolgente e vicino a casa, tempo libero per dedicarsi a
passioni e interessi, la vicinanza fisica di amici e parenti, la possibilità di
muoversi liberamente, andare al cinema, a teatro, a conferenze. La possibilità
di scegliere. Quando e cosa mangiare, quando e come farsi una doccia, tiepida, calda,
bollente, gelata (nel mio caso questa opzione non viene mai considerata),
prendere un gelato senza rischiare un’intossicazione, prendere una cioccolata
calda in un caffè letterario. 8 mesi forse un po’ egoistici.
E poi l’ennesima
candidatura inviata, una candidatura dove va tutto storto, dove i problemi
tecnici, la tempistica e pure un po’ di sana razionalità sembravano invitarmi a
lasciar perdere. E qualcosa che invece spinge a non mollare, a “crederci”, a
impegnarsi e a vedere come va a finire. E poi arriva un risultato che non ho
mai osato sperare o confessare, un risultato che per me è l’avverarsi di un sogno
e che per tanti può apparire lontano, troppo faticoso. Un risultato che vuol
dire lasciare la comodità, tanti progetti iniziati, tante relazioni importanti.
Ancora una volta, per che cosa? Per qualcosa che lavora dentro, una
convinzione, non quella di poter o dover cambiare il mondo, ma quella
dell’avere la responsabilità di fare la nostra parte, con i mezzi, le
conoscenze, gli ideali che ci appartengono. Ricominciando, rimettendosi in
gioco, con fatica. Una persona cara mi ha detto che noi giovani dobbiamo tornare
ad avere grandi sogni, che sempre più spesso la nostra generazione si nasconde
dietro la paura o la scusa di non essere all'altezza di quello a cui siamo
chiamati. Io ho grandi sogni. E non si tratta di ambizione economica o
presunzione, anzi a volte ho paura a dirlo, e lo faccio sottovoce, dubitando di
me stessa. Ma è vero. Ho grandi sogni, e credo che come me ci siano tante
persone che hanno grandi sogni e che cercano di darci corpo nella vita di tutti
i giorni. Con impegno e convinzione. Ma non da soli. Affidandoci a chi
incontriamo, affidandoci alla vita.
Ad
accompagnare questo scritto non c’è nessuna foto. Le foto verranno con il
tempo. Per ora se penso a quello che mi aspetta ho solo un punto interrogativo,
uno spazio nero immenso, un groviglio di emozioni indefinite, immagini e foto
che puoi trovare su Google e che celebrano le bellezze di questo paese che a me
resta ancora sconosciuto. Le foto, le immagini che io ho in mente ora sono
quelle delle persone che mi hanno accompagnato fino a qui, a casa, in
Madagascar, in Tanzania, che mi hanno fatto arrivare a questa nuova partenza. Una
partenza fatta di mille foto, di mille piccoli passi. Mille piccoli segnalibri,
saponette e cd infilati all'ultimo
momento in valigia. Le foto acquistano per me un valore quando sono parte del
mondo che mi circonda, quello nel quale vivo e soffro e sorrido. Quando in
quelle foto riconosco nomi, rumori, odori, quando riconosco il sudore dei volti
come mio, quando riconosco la terra sotto i piedi come quella che anche i miei
piedi hanno calpestato, quando riconosco il cielo immortalato come quello a cui
ho guardato io. Scatti di vita, il mondo assume valore e colore se vissuto. E
questa partenza io la sto vivendo con intensità, con paura, con entusiasmo, con
un senso di vertigine provocato dall'incertezza e allo stesso tempo con la
voglia di scavare, ancora una volta, ancora un giorno, dentro quell'incertezza,
il motore più bello delle nostre giornate. E cosi anche l’Etiopia, sconosciuta,
lontana, assume colore e sfumature e significati, pronti a trasformarsi con il
passare dei giorni, come il cambiare del tempo, la polvere che diventa fango,
la pioggia che copre le strade, per poi lasciare posto a un nuovo sole.
Torno a
scrivere. Dopo mesi in cui quello che vivevo, sentivo, osservavo potevo
comunicarlo molto spesso a parole, in cui potevo stringere le mani, toccare le
spalle, guardare negli occhi delle persone intorno a me, degli amici cari,
della famiglia, questa nuova separazione mi porta a riprendere la “penna”, per
ringraziare chi mi ha accompagnato fino a qui e chi mi accompagnerà da qui in
avanti, per colmare quella distanza, per riempirla e avvicinare i due bordi,
per fare dei miei occhi quelli di chi legge, per rendere i miei ideali più
comprensibili e vicini a chi legge, non per convincere, ma per riconoscere
forse nell'altro, oltre ai km di distanza e alle scelte diverse, uno stesso
entusiasmo, uno stesso impegno, uno stesso sogno.
Nessun commento:
Posta un commento