2 Marzo
Sono arrivata da poco più di tre giorni e tutto è ancora
cosi strano. Sono arrivata a Antananarivo il 28 febbraio notte. Ad accogliermi,
oltre a tanti volontari di RTM con cui lavorerò e vivrò, una pioggia
incessante, che stride un po’ con l’immagine che ci si fa dell’Africa. Una
pioggia a cui mi sto abituando in fretta. Siamo alla fine della stagione delle
piogge e soprattutto qui sull’altipiano, a Antananarivo dove sono rimasta due
giorni ma anche ad Ambostra da dove scrivo
non passa quasi giorno che non cada almeno un po’ di acqua. Fuori, un altro
mondo. Che niente ha a che vedere con la mia idea di ordine, di città, di “ciò
che dovrebbe essere”. Niente a cui sia abituata o che mi ricordi qualcosa di
già visto. Un intrico ininterrotto e serrato di casupole, botteghe, carretti,
macchine, taxi, mucche e pussypussy (i risciò malgasci). Gli stili si mescolano
e cosi i colori, l’azzurro il giallo e il rosa pastello con il rosso del fango.
Per strada una quantità incredbile di gente e mercanzie. Bugigattoli che
vendono tradizionali leccornie fritte e bisunte, banchi di frutta, pesce,
carne, riso e legumi. Origini indiane,
pachistante, africane si mescolano, guardano i volti cominci a distiguere i
gruppi etnici, Merina, Betsileo, Antimoro..tutti vestiti in un modo incredbile
per un europeo ma senza il minimo imbarazzo..poi con la pioggia ancora di
più..c’è gente che esce in accappatoio, altri con maglioni altri con la
canotta..quasi tutti escono con la cuffia da bagno, sopra la quale molti si
mettono i cappelli, di tutte le foggie, che sembrano essere il must in
madagascar. Mosche. Gli odori più diversi si mescolano e danno alla testa,
soprattutto per chi non è abituato. Sono costretta a ribaltare i miei schemi,
ad aprire gli occhi e le orecchie con umiltà . Per il momento credo che la più
grande lezione sia il provare a uscire da me stessa.
Nessun commento:
Posta un commento